Giorno di sole, giorno di mercato.
Róisín ha sempre pensato che la sua famiglia fosse troppo caotica, era chiassosa, numerosa e faticosa da gestire. Non ne avrebbe mai voluta una propria.
Lei era la prima di quattro fratelli.
Sua madre Aìme era spenta, apatica e abitudinaria nel quotidiano. Si alzava ogni giorno presto, persino prima ancora che il gallo potesse cantare, per fare i mestieri di casa. Unico suo vezzo il ricamo, al quale dedicava le ultime ore serali della sua giornata.
Potevano anche permettersi una serva ma il padre non voleva spendere un solo discondo, nemmeno della più piccola taratura per pagarne una. Lo riteneva superfluo.
La madre di Róisín era una donna dai tratti spigolosi, stranamente magra, dai profondi occhi verdi e dai tipici capelli rossi della sua terra d’origine.
Liam, suo padre, era un mercante di stoffe, un uomo duro, formato da strati di anni di viaggi passati nei mercati a trattare stoffe e preziosi filati. Aveva capelli ramati che si erano ormai inscuriti dopo il suo trasferimento permanente a Discordia, le mani e i muscoli induriti da anni e anni di lavoro.
Un uomo vecchio stampo che nonostante il suo essere benestante, andava ad aprire il suo banco di stoffe, mettendo ogni rullo e ogni bobina di tessuto in pila da solo. Indossava sempre lo stesso tipo d’abbigliamento, tanto che qualcuno aveva messo in giro la voce che non si fosse mai cambiato d’abito dalla nascita della sua primogenita, Róisín. Lei dai capelli rossi e mossi, occhi verde smeraldo, magra e slanciata come un filo d’erba, era leggermente più alta di sua madre che raggiungeva il metro e sessantotto ma la ricordava molto in gioventù.
Piena di vita e smaniosa di indipendenza era solita portare il pasto al genitore al suo banco di stoffe, con qualunque scusa cercava di trattenersi e di non tornare subito a casa. Cercava sempre di contrattare con qualche cliente e si accendeva come fuoco nel farlo. Il padre era ormai rassegnato, normalmente le lasciava fare piccole transazioni semplici, non affari grossi come quelli che gli si prospettavano quel giorno di mercato, in quel caso la faceva sedere dietro la cassetta delle monete, con il compito di dare i resti e di ricevere il denaro. La giovane era vestita in maniera semplice, la sottoveste in lino era il fulcro di una casacca verde scuro. Adornava i fianchi con una stoffa marrone, finemente ricamata, unico regalo che gli avevano fatto i genitori il giorno del suo compleanno. E a cui teneva molto. Era in quel mercato ricco di odori e di voci che ella conobbe per la prima volta il tesoriere di corte “Sua eccellenza” Daneel Fodor Sazalai un uomo di corporatura media dai grandi occhi azzurri, biondi capelli corti, le labbra sottili, profumava di incenso e gelsomino e non aveva di certo l’aspetto di un uomo importante, ai più poteva sembrare una persona comune, ma chi lo conosceva sapeva benissimo come fosse affabile a tratti, molto pignolo e logorroico.
Daneel si distingueva dalla massa nel mercato per la sua scorta di quattro guardie e per i suoi vestiti estremamente comodi ma di fattura preziosa. Una casacca verde scura, legata alla cintola da una cintura in pelle preziosa, coperta dalla guarnacca, una sorta di soprabito lungo fino alle caviglie di color cremisi con ampie maniche che lasciavano vedere le braccia del tesoriere, impreziosito da ricami e dallo stemma di corte ricamato alle sue spalle dove cadeva libero il tessuto. Sui biondi capelli portava un infula bianca adornata da un Tocco intonato alla guarnacca, un cappello adatto per la sua “spedizione” al mercato. Il Tocco era il copricapo elegante ma modesto che usavano le persone abbienti quando l’etichetta lo permetteva a differenza del solito vestire sfarzoso del castello. Il Tocco, “come si usa dire ancora oggi”, era appunto quel particolare in più al suo vestiario, comodo ed elegante, il famoso “tocco di classe”.
Daneel prediligeva recarsi al mercato proprio per andare personalmente a scegliere le stoffe che lui e i reali di corte necessitavano per i propri vestiti. Liam era il mercante tessile più rinomato, lo era perché riportava a Discordia i tessuti migliori dai suoi viaggi e Daneel preferiva contrattare personalmente con lui, fu in uno di questi giorni che conobbe Róisín che grintosamente tentò di contrattare con lui, fallendo miseramente, ma guadagnandosi così la simpatia di “sua eccellenza” e la sua stima, egli era un uomo intelligente: <<Róisín portate ancora con voi quella specie di lucertola?>> la ragazza, agli occhi del tesoriere era insignificante ma le sue efelidi le trovava molto graziose. <<Astrax?>>domandò la giovane ragazza, poi annuì scuotendo i rossi capelli <<Sì sì!>>e da sotto al banco tirò fuori una lucertola comune con il manto verdognolo <<ma lui crede di essere un drago!>>affermò, mentre l’animale rimaneva calmo tra le mani piccole della ragazza. Il tesoriere osservava divertito l’animale che emise un sibilo <<Sarebbe il più piccolo del mondo>>.
Astrax era il bizzarro animale da compagnia di Róisín , da quando lo aveva salvato dai suoi fratelli più piccoli.
Liam non era contento della confidenza presa dalla figlia nei confronti di un uomo così importante a corte e incurante delle parole dei due si mise al fianco della figlia e con fare da esperto venditore lasciò cadere un rotolo di stoffa molto grande sul banco << E’ seta dei paesi caldi, molto elastica le sue qualità vi sorprenderanno.>> la voce ferma di Liam dall’accento sporco interruppe la figlia da un ulteriore commento. <<Sua eccellenza ne resterà stupito>> il mercante era sincero e Daneel poté constatare la veridicità quando il mercante prese un lembo del rotolo e lo stirò allungandolo mostrando al tesoriere che non mentiva <<Sua eccellenza. Ottanta Discondi tutto il rotolo.>> il tesoriere lo guardò a lungo << Trenta Discondi>> ribatté al mercante.<< Sua eccellenza è stoffa introvabile. Vi faccio sentire quanto sia prezioso al tatto anche solo un quadrato…>> prendendo la forbice in ferro da una cassetta in legno Liam era pronto a tagliare la stoffa, la mano destra di Daneel si alzò a fermarlo. <<Ti sconsiglio di rovinare un rotolo prezioso per dimostrarmi qualcosa>> Róisín e Astrax erano spettatori passivi dei due uomini in quel momento, ma con uno sbuffo riponendo il rettile sulla sua spalla destra si intromise << Trenta? Nemmeno Quarantacinque! Non lo venderemo a meno di Ottanta! >> il padre la fulminò con lo sguardo e Astrax le si dileguò dietro al suo orecchio destro salendo sulla chioma rossa della ragazza, ella si sentì morire.
Daneel la guardò impassibile e dalle labbra sottili si allungo un sorriso <<Non abbiate a male…cinquanta Discondi mi sembra un ottimo prezzo>>.
Un cenno della mano pulita verso la sua scorta e una delle guardie gli portò una borsa piena di Discondi. Prese da questa un taccuino e con un carboncino scrisse qualcosa su di un foglio dopo aver aperto il libretto << bene…Cinquanta Discondi per la stoffa in seta e trenta per quel filato rosso>> Daneel lo disse a voce udibile da Liam e sua figlia. Il mercante sapeva benissimo che quel filato rosso poggiato in mezzo a tanti sul banco ne valeva molti meno. <<Róisín, la prossima volta spero di trovarti ancora qui con Astrax...mi dirai cosa mangia un drago>> disse alla ragazza dopo averle consegnato le monete. In fondo era gentile il tesoriere. Subito dopo un garzone di corte arrivò con un carretto e caricò la grossa bobina sulla carrucola e il filato rosso.
Róisín quella sera si beccò una bella ramanzina.
Daneel invece ritornò al palazzo dove nel suo ufficio lo attendeva il suo segretario di fiducia <<Sua eccellenza il colloquio privato con il Re è fissato tra tre giorni…>>il tesoriere lo congedò con un gesto << Sono stato al mercato, dite ai sarti di fatturare un nuovo farsetto per sua maestà entro due notti esatte, e nel frattempo lasciatemi riposare>> il segretario si dileguò annuendo. Rimasto solo, il tesoriere cominciò a ragionare su come addolcire il sovrano nell’incontro fissato.
La strategia era molto precisa. Doveva discutere con il monarca di questioni importanti e sapeva quanto capricciose fossero le teste coronate con i propri soldi. Aveva però bisogno di un dono per il sovrano in modo tale da ben disporlo a quanto doveva notificargli.
Sedendosi al suo leggio egli riprese il taccuino e cominciò a trascrivere su di una pergamena le cifre scritte sui numerosi fogli, aggiustando le cifre di tanto in tanto.
Per quanto volesse sembrare generoso, il sovrano non amava spendere nemmeno un Discondo e Daneel questo lo sapeva benissimo. Per lui non c’era cosa peggiore di un sovrano taccagno. E come suo massimo compito doveva amministrare le finanze di sua maestà senza fargli pesare mai il valore di un solo discondo speso. Daneel stava cercando di capire da dove provenissero le ricchezze del sovrano attuale, visto che quelle di Maloghigno le conosceva benissimo. Era un pò sospetta tutta quella ricchezza, questo sovrano così magnanimo, arrivato da chissà dove, da dove veniva? Sua eccellenza non aveva il quadro generale della situazione. Si ripromise di risolvere quel rompicapo. Prima o poi ci sarebbe riuscito. Prima o poi. La ceralacca venne versata alla fine della pergamena e il timbro reale apposto. Daneel ripose al suo posto il rotolo cartaceo e assorto nei suoi pensieri si ritirò nelle sue stanze.